La Sapienza, in collaborazione con Tor Vergata e la Fondazione Santa Lucia, ha realizzato una casa domotica per persone affette da disabilità motorie.
Porte che si aprono e si chiudono, luci,Tv, stereo ed elettrodomestici che si accendono con la sola forza del pensiero. No, non è fantascienza ma la prima casa domotica controllata da impulsi cerebrali.
Un team di neurologi, neurofisiologi e bioingegneri guidato da Fabio Babiloni, del dipartimento di Fisiologia e farmacologia della Sapienza e da Maria Grazia Marciani, docente di neurologia a Tor Vergata, ha sviluppato un ambiente domotico controllato dai soli impulsi cerebrali.
La stanza domotica si compone di una zona in cui dispositivi elettronici – tv, lettore dvd, telefono, ventilatore, porte automatizzate, luci ambientali, videocamere e piccolo robot mobile (estensione virtuale della persona) – possono essere azionati grazie alla sola rilevazione dell’attività elettrica cerebrale.
“Una cuffia munita di elettrodi permette di captare l’onda P300 emessa dal cervello quando un oggetto cattura la nostra attenzione. Un computer collegato alla cuffia e ai dispositivi elettrici della casa legge l’impulso e invia il comando per azionare un dispositivo o, anche, per far muovere un piccolo robot” ha spiegato Babiloni.
In altre parole, se il nostro encefalo elaborando l’impulso di accendere le luci, il dispositivo è in grado di interpretare e codificare la volontà espressa, trasmettendo al computer il rispettivo comando.
Sembra quasi una magia, ma è la meraviglia delle nuove tecnologie che può consentire di realizzare cose prima inimmaginabili migliorando non di poco la qualità della vita di tutte quelle persone che hanno perso non solo il controllo volontario dei muscoli, ma anche l’autostima e l’indipendenza.
“In Italia, – ha aggiunto, in proposito sempre Babiloni – il gruppo porta avanti da dieci anni studi di questo tipo il cui scopo è generare nuovi ausili per coloro che, a causa di malattie neurodegenerative o traumatiche, hanno perso del tutto il controllo volontario dei muscoli e con esso la capacità di comunicare con l’esterno.”
Azioni semplici che fanno parte della routine quotidiana, possono non risultare così scontate per i diversamente abili, per persone con difficoltà di movimento più o meno gravi, e, trasformarsi in vere e proprie imprese frustranti, sviluppando una dipendenza dagli altri che può deprimere e umiliare i disabili.
Lo sviluppo dell’ambiente domotico intende così mettere a punto una serie di tecnologie, incluse le interfacce fra cervello e computer, in grado di sostituirsi ai nervi periferici e ai muscoli. L’intento è quello di diminuire il livello di dipendenza dagli altri nelle attività della vita quotidiana e ridare alla persona un senso di privacy nella comunicazione e cura della propria persona.
“Il prossimo passo, – annuncia ancora il ricercatore già autore della mano robotica che si muove leggendo le istruzione inviate dal cervello – è rendere visibile il sistema, con l’abolizione della cuffia sostituita da piccolissimi elettrodi senza fili incollati sul cuoi capelluto, che comunicano con il computer grazie al sistema wireless.”
La ricerca, realizzata in collaborazione con la Fondazione Santa Lucia, prosegue da dieci anni grazie ai finanziamenti di enti nazionali e internazionali (VII Programma quadro europeo, progetto Tobi e Smart4all) e di fondazioni private (Fondazione Telethon e Fondazione Bnc).
Domenica 28 dicembre 2008, la trasmissione Elisir in onda su Rai 3 ha ospitato un collegamento in diretta con la Fondazione Santa Lucia di Roma, sede del laboratorio di Modellistica e immagini neuroelettriche e interfacce cervello computer, nel corso del quale i ricercatori hanno illustrato il funzionamento della stanza domotica accendendo luci, aprendo porte e attivando dispositivi elettronici grazie alla sola rilevazione dell’attività elettrica cerebrale.
Nel servizio e nel collegamento televisivo, preannunciato nel post «domotica e impulsi cerebrali», si è potuto vedere come, grazie alla sola attività cerebrale, è possibile:
a) muovere una mano robotica, facendole compiere diverse azioni e facendole fare diversi tipi di presa (con la mano concava, per prendere una palla; a pinza, per prendere piccoli oggetti; con il pollice in opposizione all’indice piegato, per prendere un CD, etc.);
b) compiere attività su dispositivi di una stanza domotica (spegnere ed accendere una luce; impartire istruzioni ad un piccolo robot che emula un animale domestico e che, con una telecamera montata sulla testa, è in grado di far visualizzare le immagini a chi ha deficit motori; aprire porte).
L’esempio che è stato rappresentato nei laboratori della Fondazione Santa Lucia era quello di una paziente che, rimanendo davanti ad uno schermo con degli elettrodi sulla testa, impossibilitata a muoversi, riusciva (in occasione di una visita ricevuta) sia ad aprire la porta con la sola attività cerebrale, sia a controllare sul monitor le immagini acquisite dalla telecamera installata sul robot che la paziente stessa aveva inviato in direzione della porta.
L’attività cerebrale, come si è potuto constatare dal servizio, veniva raccolta e trasmessa all’elaboratore elettronico attraverso elettrodi raccolti in una fascia morbida, che si adattava e si posizionava sulla testa come fosse la struttura di un caschetto aperto. Il sistema aveva anche un’altra periferica, costituita da un monitor, che nella dimostrazione era di grandi dimensioni e posizionato su una scrivania.
Il monitor recava la rappresentazione di diverse immagini, raccolte una accanto all’altra come grandi tessere di un mosaico o, meglio, come quadrati di una griglia. Ogni immagine posizionata in una porzione dello schermo corrispondeva ad un’azione da far eseguire al sistema elettronico.
“Le istruzioni al sistema elettronico – ha precisato Fabio Babiloni – non vengono impartite dall’utente attraverso il movimento degli occhi, ma solamente dall’attività cerebrale compiuta nel momento in cui il soggetto concentra la propria attenzione su un’immagine o su un’altra tra quelle a disposizione sullo schermo.” Infatti, per azionare i comandi corrispondenti ad una qualsiasi delle immagini rappresentate sullo schermo, il soggetto munito di elettrodi doveva semplicemente concentrare la propria attenzione sulla porzione dello schermo che conteneva la relativa immagine.
Il sistema elettronico, come quando si posiziona il puntatore di un mouse su un’icona visualizzata nello schermo di un normale computer, era in grado di rilevare, attraverso il trattamento dei dati provenienti dall’attività cerebrale, quale fosse l’immagine selezionata e, conseguentemente, quale azione avrebbe dovuto eseguire. Nel caso della mano robotica a ciascuna immagine era correlata un certo tipo di presa, fatta eccezione per l’immagine che rappresentava delle «zzz…» (ad indicare il rumore emesso da una persona dormiente), che corrispondeva alla posizione di stasi della mano robotica. “Il progetto – rileva Babiloni – ha catturato l’interesse anche dell’Agenzia Spaziale Europea per un possibile sviluppo di ambiente domotico di questo tipo anche nello spazio.”.
M. Flaminia Attanasio