Uno studio internazionale ha identificato per la prima volta le aree dell’emisfero sinistro del cervello che sono alla base delle conoscenze sulla parola scritta (“memoria a lungo termine”) e dei processi che permettono la scrittura della parola stessa (“memoria di lavoro”).
Nel team internazionale di ricercatori c’è Gabriele Miceli del CIMeC (Università di Trento). Lo studio è stato pubblicato sul numero di febbraio della rivista “Brain”. Per l’importanza e l’originalità ha ottenuto il riconoscimento di “articolo del mese” (“Editor’s choice”)
Trento, 2 febbraio 2016 – (e.b.) Scrivere una parola sembra semplice. In realtà si tratta di un’operazione complessa: per farlo, dobbiamo avere “immagazzinato” un vocabolario di parole scritte e dobbiamo saper riprodurre in modo corretto la sequenza delle lettere che compongono la parola da scrivere. Uno studio internazionale ha identificato per la prima volta le aree dell’emisfero sinistro del cervello che sono alla base delle conoscenze sull’ortografia della parola (“memoria a lungo termine”) e dei processi che permettono di scriverla (“memoria di lavoro”). A condurlo sono stati ricercatori della Johns Hopkins University di Baltimora (Brenda Rapp, Argye Hillis e Jeremy Purcell) e del CIMeC – Centro Mente/Cervello dell’Università di Trento (Gabriele Miceli) in collaborazione con SCA Studio associato di Roma (Rita Capasso), che si occupa di valutazione, diagnosi e riabilitazione dei disturbi cognitivi e motori del bambino, dell’adulto e dell’anziano.
I risultati della ricerca sono stati pubblicati nel numero di febbraio della rivista “Brain”, la più antica e prestigiosa rivista di neurologia. Per l’importanza e l’originalità il lavoro ha ottenuto il riconoscimento di “articolo del mese” (“Editor’s choice”).
«Per la prima volta abbiamo individuato le regioni dell’emisfero sinistro che contengono il vocabolario delle parole scritte (per fare un esempio, le conoscenze che ci permettono di scrivere “scuola” e non “squola”) e quelle che garantiscono una buona memoria di lavoro (quella che permette di realizzare le lettere giuste nell’ordine giusto – ad esempio, “scuola” e non “stuala” né “scoula”)» commenta Gabriele Miceli, medico e professore di Neurologia al CIMeC dell’Università di Trento.
Miceli spiega: «Il vocabolario delle parole scritte è rappresentato nel lobo frontale e in quello temporale, mentre la memoria di lavoro è garantita da un’area specifica del lobo parietale. Questi risultati chiariscono aspetti importanti dell’organizzazione dei processi di scrittura e contribuiscono a comprendere meglio i rapporti fra le basi anatomiche del linguaggio scritto e quelle di altri processi linguistici e cognitivi».
I risultati hanno permesso di fare luce sui danni provocati da lesioni cerebrali.
«È noto – sottolinea Miceli – che lesioni cerebrali possono danneggiare sia il vocabolario delle parole scritte, sia la memoria di lavoro. Per studiare il corrispettivo anatomico di questa distinzione abbiamo analizzato le lesioni di 27 persone, con disturbi di scrittura post-ictus che interessavano in modo selettivo il vocabolario scritto o la memoria di lavoro, e quelle di 6 persone con disturbi di entrambi i sistemi. L’analisi è stata effettuata mediante voxel-based mapping (una metodica di ricostruzione della lesione cerebrale). In questo modo abbiamo individuato le regioni del cervello alla base di questi meccanismi e cosa succede quando si danneggiano. Queste conoscenze permettono non solo di capire le basi anatomiche della scrittura, ma anche di sviluppare programmi riabilitativi per le persone colpite da disturbi di scrittura in seguito a lesioni cerebrali».
Il titolo del paper è: “Neural bases of orthographic long-term memory and working memory in dysgraphia”
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