Il rifugio Carlo Mollino, costruito a oltre 2.000 metri di quota, è dotato delle migliori soluzioni di controllo dell’efficienza per prevenire ogni minimo spreco energetico.
Era il 1954 quando Carlo Mollino, uno dei più prolifici architetti italiani della seconda metà del ‘900, grande amante della montagna, propose il proprio progetto di “Casa Capriata”. Un rifugio, presentato in occasione della X Triennale di Milano, pensato come “La casa per gli sciatori ‘estremisti’ ”. Un edificio nel quale i pionieri dello sci avrebbero trovato un confortevole ristoro nel corso delle giornate trascorse in alta quota.
Lo stesso Mollino si impegnò a identificare una serie di sponsor, ma alcune problematiche tecniche relative al coordinamento dei diversi soggetti coinvolti, impedirono la realizzazione del progetto stesso. Un progetto la cui portata innovativa venne relegata ai libri di architettura sino al 2008 quando, in occasione del XXIII Congresso Mondiale degli Architetti UIA, il Politecnico di Torino insieme al Comune di Gressoney Saint Jean (AO) ripropose l’ardita costruzione.
Già negli Anni ’50 Mollino aveva pensato un edificio energeticamente efficiente, in grado di contenere l’impatto ambientale e, quindi, di sfruttare ogni minima risorsa presente in loco. Lo stesso progettista si era ispirato alle case di montagna dell’architettura Walser dell’alta Valle di Gressoney. Edifici dall’architettura aerea sollevata dal suolo, in grado di adattarsi alla morfologia del terreno e, al tempo stesso, di emergere dalla coltre di neve che ricopre le montagne nei lunghi mesi invernali.
Dalla storia al futuro
Trattandosi di edifici realizzati in quota e, quindi, tradizionalmente sviluppati per affrontare i rigori dell’inverno, a fronte di una ridotta disponibilità energetica, l’attenzione al contenimento degli sprechi era innata. Un’efficienza che, in epoca moderna, è stata formalizzata facendo riferimento a due protocolli per la certificazione energetica, ovvero lo standard regionale in Valle d’Aosta – Beauclimat e il protocollo CasaClima Oro (Gold). Una modalità costruttiva che si propone di contenere i consumi energetici sotto la soglia dei 10 kWh/m² all’anno. Un obiettivo che impone l’impiego di componenti e sistemi edilizi innovativi, esaltati dal controllo ottimale dei consumi elettrici.
Riproporre un progetto consegnato alla storia da un protagonista dell’architettura ha però comportato, per i ricercatori del Politecnico di Torino, l’analisi delle alcune varianti all’idea originale e, soprattutto, l’introduzione di una serie di nuove soluzioni tecniche. Soluzioni impensabili negli Anni ’50, ma fedeli allo spirito originario, attento alle novità proposte dal mercato. Il team del Dipartimento di Architettura e Design del Politecnico di Torino, coordinato dal professor Guido Callegari, ha così lavorato alla ridefinizione del progetto, adeguandolo alle nuove normative in vigore ma, soprattutto, prestando la massima attenzione all’identificazione delle soluzioni di controllo oggi disponibili.
Elettricità al centro
All’epoca, del resto, l’energia elettrica era utilizzata solo per l’illuminazione e, in un rifugio in alta montagna, la connessione alla rete di distribuzione non era garantita. In un edificio moderno, al contrario, l’elettricità è il cuore del funzionamento e, per tale ragione, il suo impiego deve essere ottimizzato. Per questo, i responsabili del nuovo progetto hanno dapprima identificato l’area geografica ideale per una simile installazione, identificato nel punto di arrivo della seggiovia che dal fondovalle porta a quota 2.100 m lungo il Walserweg, ovvero il grande sentiero dei Walser. In questa località, con il supporto del Comune di Gressoney Saint Jean (AO), è stata individuata la scenografia ideale per installare l’intuizione di Mollino.
Scelta l’area, per la realizzazione del sogno è stato necessario far convergere anche una serie di partner tecnici in grado di supportare, con il proprio patrimonio di esperienze e soluzioni, la realizzazione del progetto. Già il fatto di operare in alta quota, in un’area non raggiungibile con i comuni autoveicoli, ha rappresentato un problema logistico. Mentre, per quanto riguarda gli aspetti impiantistici, i progettisti hanno operato nella logica di un’integrazione fra gli aspetti estetici e funzionali.
Due ambiti nei quali l’offerta di BTicino, ovvero il brand più utilizzato negli impianti domotici del nostro Paese, è apparso la risposta ideale. L’Azienda, che vanta una tecnologia italiana apprezzata in tutto il mondo, ha inoltre messo a disposizione il personale specializzato in grado di supportare i progettisti nella creazione di un impianto in linea con tutti i requisiti di un edificio pubblico basato su una struttura in legno.
Energia protetta
Aprire ad un pubblico numeroso una struttura pensata inizialmente per una frequentazione d’élite, come erano gli sciatori di metà ‘900, ha comportato un ripensamento delle caratteristiche di sicurezza degli impianti elettrici.
Per quanto riguarda l’isolamento elettrico, tutte le parti accessibili dell’impianto, anche se normalmente isolate ma che potrebbero trovarsi sotto tensione, sono state protette contro le tensioni da contatto. Da qui la necessità di collegare a terra tutte le prese, così come le parti metalliche dei corpi illuminanti, la carpenteria contenente le apparecchiature elettriche stesse e le masse metalliche.
Allo stesso modo, per prevenire i rischi da contatti indiretti, la protezione è assicurata dal rispetto del limite Rt x I < 50 V, dove Rt è la resistenza in Ohm dell’impianto di terra ed I è il valore in Ampere della corrente d’intervento del dispositivo di protezione. Un limite che è stato rispettato inserendo una protezione differenziale con corrente d’intervento a 0,3 A a valle della linea d’alimentazione e una protezione differenziale con corrente d’intervento di 0,03 A sulle singole utenze. Una simile scelta, molto prudenziale, è considerata dalla norme CEI come protezione addizionale per i contatti diretti. All’interno del rifugio, del resto, sono presenti sia il personale, che si occupa della ristorazione, sia gli sciatori, che scelgono di fare una pausa nel corso della giornata. Si tratta quindi di pubblico generico, utenti non addestrati, la cui incolumità deve essere sempre preservata.
Comfort senza spreco
Proprio la presenza degli avventori, il cui numero registra picchi incostanti nel corso di una stessa giornata e della settimana, rappresenta una delle principali sfide in ambito energetico. Quando più persone affollano i locali, infatti, quanto più la temperatura interna tende ad aumentare, così come cresce il tasso di umidità. Condizioni sgradevoli che, comunemente, inducono a spalancare le finestre, con un conseguente enorme spreco di energia. Al contrario, in questo rifugio, sono stati predisposti una serie di sensori di temperatura e di umidità che, dialogando tra loro, regolano il funzionamento dell’impianto di riscaldamento a pavimento e, contemporaneamente, l’attivazione di un sistema di ventilazione meccanica controllata. In tal modo, attraverso l’intuitiva interfaccia operatore fornita da uno schermo di controllo touch screen della linea Livinglight, il gestore del rifugio può impostare le condizioni di comfort ideali. Valori che gli impianti raggiungono coordinarsi tra loro per garantire sempre le condizioni migliori, ma prevenendo qualunque spreco.
Questo comporta, come spiega lo stesso Callegari, che il sistema di riscaldamento abbassi la temperatura delle aree comuni nelle ore notturne. Garantendo poi la riattivazione progressiva per raggiungere le condizioni di piena operatività al momento della riapertura mattutina.
Una modalità operativa, che oltre a prevenire gli sprechi e limitare i picchi di consumo, permette di sfruttare al meglio l’energia elettrica prodotta dai pannelli fotovoltaici che ricoprono un’intera falda del tetto. Come comprensibile, infatti, l’energia autoprodotta non può essere accumulata e l’inserimento dei carichi può essere posticipato solo parzialmente. L’elettricità in eccesso viene così utilizzata per aumentare la temperatura dell’acqua nella caldaia che alimenta il sistema di riscaldamento, fungendo quindi da vero e proprio sistema di accumulo.
Sempre attraverso i touch del sistema domotico MyHome, installati nei locali accessibili al solo gestore, è possibile monitorare e memorizzare tutti i consumi, fornendo un efficace supporto anche nelle singole impostazioni. Così, nel tempo, sarà possibile compiere scelte improntate a una migliore efficienza energetica e all’ottimizzazione delle risorse. Il tutto con l’obiettivo, oltre che di contenere i costi di gestione, di avere un impatto zero sul territorio naturale che circonda Gressoney.
Domotica d’alta quota
Simili funzionalità sono rese possibili dal sistema domotico MyHome di BTicino, in grado di integrare sistema audio, video, comandi luci, riscaldamento e gestione energia. La tecnologia SCS, basata su un doppino conforme alle norme CEI 46-5, permette di realizzare impianti con topologia libera o a stella. La possibilità di trasmettere quattro diversi tipi di segnale in modulazione di frequenza (alimentazione, dati, video e audio) ha inoltre garantito la massima libertà di comunicazione con i produttori di soluzioni complementari all’offerta BTicino. Ad ogni dispositivo connesso, infatti, viene assegnato un indirizzo univoco, con la possibilità di configurarlo sia attraverso ponticelli numerati che mediante il software Virtual Configurator, interfacciato al bus mediante gateway Ethernet.
Il sistema MyHome permette infatti una molteplicità di funzioni, che vanno dall’attivazione del sistema di ventilazione meccanica controllata alla regolazione delle luci, creando le migliori condizioni, dal punto di vista energetico e ambientale, all’interno dei locali del rifugio. Il tutto attraverso un sistema integrato, che può essere comandato e monitorato anche da remoto.
La flessibilità e la capacità di dialogare con i prodotti complementari di altre aziende è stata particolarmente apprezzata in fase di realizzazione.
Le attività di posa dell’impianto, così come quelle costruttive, sono state necessariamente concentrate nelle poche settimane concesse dalle condizioni climatiche di alta quota. Infatti, a fronte di temperature particolarmente basse, anche la semplice posa dei cavi può diventare problematica.
L’originale struttura portante a telaio in legno dell’edificio, che prevede uno strato di isolante in lana di roccia tra le pareti esterne e quelle interne, ha invece velocizzato notevolmente l’attività, consentendo di sfruttare l’intercapedine per far transitare tutti i cavi necessari a connettere i singoli apparecchi senza i problemi tipici degli edifici in muratura e, soprattutto, senza praticare nessun foro nella struttura. Ogni apertura, infatti, implicherebbe una riduzione delle prestazioni energetiche.
Proprio in un’ottica di ottimizzazione, per rispondere alle esigenze dei diversi sistemi tecnologici l’attività di sviluppo del progetto architettonico e impiantistico è stata condivisa con i partner del progetto nell’ambito di un expertise group nell’ambito del quale sono confluite le competenze dei tecnici BTicino, che hanno individuato da subito ogni eventuale criticità. Un approccio che ha anticipato l’insorgenza dei problemi sin dalle prime fasi, prevenendo interventi in cantiere che avrebbero limitato l’efficienza dei sistemi in un edificio caratterizzato proprio dall’assenza di emissioni dannose. L’attenta progettazione, inoltre, ha evitato di ricorrere alle comunicazioni radio, non consigliabili in locali spesso non presidiati.
Lontani ma presenti
Quando si parla di telecontrollo, applicato alla domotica, si pensa quasi sempre ad ambienti domestici, mentre si immaginano le strutture di accoglienza sempre presidiate. Un presupposto non applicabile a una realtà come quella di un rifugio alpino, che può essere aperto solo per particolari esigenze e che, per lunghi periodi, si trova “abbandonato a sé stesso”, in un ambiente spesso ostile dal punto di vista climatico.
Il collegamento attraverso il Web server permetterà al gestore il completo controllo in ogni istante. Una possibilità che consente, ad esempio, di monitorare da remoto i singoli consumi, così da ottimizzare l’impiego dell’energia, ma, soprattutto, di aumentare il livello di sicurezza. Infatti, quando il rifugio non è presidiato, è possibile attivare specifiche accensioni in funzione delle condizioni meteo o in previsione di una riapertura. Ma, soprattutto, il gestore e la società incaricata di gestire la sicurezza sono immediatamente avvertiti a fronte di specifici eventi. L’esempio più classico, in questo ambito, è rappresentato da un malfunzionamento dell’impianto di riscaldamento. Una condizione che, nel periodo invernale, porta inevitabilmente ad un sensibile calo della temperatura interna, con il rischio di ulteriori e costosi danni connessi al congelamento dei liquidi nelle tubature. Ma, in una struttura isolata e non presidiata, il timore è legato soprattutto al rischio di furti. Ovviamente, considerando la difficile raggiungibilità, non è ipotizzabile un tempestivo intervento sul posto. Ma, a fronte di intromissioni segnalate dai sensori volumetrici con rilevatori di presenza a doppia tecnologia BTicino, vengono attivate le telecamere interne che, trasmettendo in remoto l’immagine dei ladri in azione, permette alle forze dell’ordine di intercettare i malviventi al momento della loro discesa a valle.
La luce non manca mai
Se l’ottimizzazione dei consumi è un obiettivo imprescindibile, in un locale pubblico è ancora più importante garantire l’illuminazione a fronte di qualunque evento. Per questa ragione, oltre ad un bilanciamento automatico dei carichi, con la possibilità di gestire distacchi programmati, sono state predisposte sette lampade di emergenza con gruppo autonomo di alimentazione e tre lampade d’emergenza estraibili della serie Livinglight. In tal modo, anche a fronte di un black-out, l’illuminazione di emergenza entra in funzione in soli 0,5” e garantisce un’ora di autonomia. Caratteristiche che consentono sia la permanenza che l’eventuale evacuazione del locale in perfetta sicurezza.
Inoltre il sistema di diffusione sonora, principalmente progettato per diffondere la musica tra i clienti seduti ai tavolini, può trasformarsi, in tempo reale, in un efficace strumento di comunicazione per il pubblico.
Una serie senza compromessi
L’elevato numero di persone che frequentano le aree comuni del rifugio Mollino ha imposto di valutare con attenzione le serie civile da adottare. Un problema assente nel progetto originale, ma che ha assunto una rilevanza significativa, per la necessità di mediare tra le esigenze estetiche e quelle di affidabilità. In una società sempre più interconnessa, infatti, oltre ad accedere agli interruttori, gli avventori hanno la necessità, durante una pausa sciistica, di ricaricare i propri smartphone.
Da qui la scelta, dopo un confronto con i tecnici BTicino, di adottare la serie Livinglight. Una linea che ha dimostrato di tollerare anche un utilizzo ripetuto. Il tutto completato, dal punto di vista puramente estetico, da originali placche metallizzate rosse, la cui tonalità è molto simile a quella indicata dallo stesso Mollino.
Tutti i comandi base (interruttori, deviatori e pulsanti), inoltre, possono essere cablati con gli innovativi morsetti automatici. Quest’ultimi, pur garantendo la corretta tenuta negli anni, vengono connessi all’impianto senza l’ausilio di un giravite. Una peculiarità che ha permesso di ridurre ulteriormente i tempi di installazione, ma anche una serie di problematiche apparentemente “banali” come quella di impugnare un giravite con le mani intirizzite dal freddo. Per realizzare il cablaggio, infatti, è sufficiente spelare 12 mm di cavo e inserirlo nel foro, mentre una molla interna rende il morsetto immune alle vibrazioni. Una capacità confermata da Enti terzi, al punto che un simile sistema è stato giudicato adatto anche all’installazione a bordo di navi o treni.
Ambienti ancora più estremi rispetto ad un rifugio alpino, dove i progettisti hanno saputo coniugare tradizione e innovazione, creando una struttura in cui la tecnologia permette una perfetta integrazione in un ambiente naturale ancora incontaminato.
Il quadro elettrico generale
Il quadro generale rappresenta il cuore funzionale di casa Capriata, in esso sono previste tutte le protezioni per le linee elettriche (comprese quelle del sistema fotovoltaico) opportunamente suddivise per zona e per gruppo di utenze in modo da garantire la massima funzionalità e selettività in caso di anomalie e di guasto.
Per ragioni ergonomiche e di miglior sfruttamento dello spazio il quadro elettrico, installato a parete, è stato diviso in due carpenterie BTicino LDX 400 identiche e affiancate protette da due portelle in cristallo che garantiscono un grado di protezione pari a IP43. La massima potenza istantanea connettibile è di circa 60 kW. Il dimensionamento del quadro e delle linee è stato attentamente studiato in fase di progettazione per garantire il mantenimento un elevato livello di servizio di assoluta sicurezza, in rapporto alle condizioni di stress funzionale e ambientale che potrebbero verificarsi.
CREDITI:
PROGETTO ARCHITETTONICO ED ESECUTIVO: Arch. Laura MONTANI, Comunità Montana Walser con la consulenza scientifica Prof. Liliana BAZZANELLA, Arch. Guido CALLEGARI (responsabile scientifico), Arch. Alessandro MAZZOTTA, Arch. Mario SASSONE, Prof. Elena TAMAGNO, Politecnico di Torino – Dipartimento di Architettura e Design DAD con la collaborazione dell’Arch. Massimo Ronco
RESPONSABILE DEL CICLO: Comune di Gressoney Saint Jean Arch. Germana MAIDA
DIRETTORE LAVORI, COORDINATORE DELLA SICUREZZA IN FASE DI PROGETTAZIONE ED ESECUZIONE: Geom. Alessandro BRINGHEN, Comunità Montana Walser
Per maggiori informazioni:
Pagine del Politecnico di Torino dedicate al progetto del rifugio Carlo Mollino
www.casacapriata.polito.it
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