Il numero di TIME del 7-14 luglio 2014 è un numero doppio, perché contiene uno Special Report di 39 pagine sulla Smart Home, anzi “The smarter home”, dice la copertina. Il sottotitolo recita: “Le dimore del futuro vi renderanno più tranquilli, più sicuri, più ricchi e più sani – ed esistono già”.
Inciso linguistico: smart in inglese è elegante, ma nel mondo della tecnologia vuol dire intelligente, ossia capace di svolgere funzioni evolute, e di comunicare con altri sistemi. I nostri smartphone saranno anche eleganti, ma si chiamano così perché fanno un mucchio di funzioni in rete!
Gli articoli del Report sono molto diversi, e spaziano da rassegne di prodotti per la casa domotica, con relativi produttori e prezzi, a interviste ai protagonisti della vicenda (sia i fornitori di prodotti, sia gli architetti che progettano piccole o grandi abitazioni ad alto livello di automazione, sia utenti finali che descrivono perché hanno scelto una casa intelligente e come vi si trovano), a esempi di applicazioni, a spiegazioni sulla flessibilità e adattabilità delle soluzioni domotiche, ecc.
Mi sono occupato di domotica per circa 10 anni, e di automazione alberghiera, sua stretta parente; ho gestito tre corsi biennali di domotica per neodiplomati; oggi sono docente certificato Cisco e mi occupo di networking a tutto tondo. La cosa che mi ha colpito quasi subito nel Report, al di là dei singoli aspetti, è stata la forte parentela tra le applicazioni domotiche e un settore emergente e, direi, rivoluzionario, nel mondo delle reti, destinato a modificare radicalmente il nostro rapporto con la tecnologia nei prossimi anni: la cosiddetta IoE-Internet of Everything, l’Internet di ogni cosa.
Andiamo con ordine. Il fatto che qualche oggetto cosiddetto smart comunichi in modo diretto o indiretto con le persone o con altri oggetti non è certo una novità. Sono decenni che vari tipi di apparati di controllo e macchine di ogni tipo comunicano in modo analogico o digitale tra loro, per realizzare sistemi automatici che sollevino l’uomo dai compiti più noiosi e ripetitivi, e siano più sicuri, più efficienti, più intelligenti. Le tecniche di comunicazione M2M-Machine to Machine sono passate da quelle basate su canali e segnali dedicati, ai vari “filedbus” di campo, digitali e con protocolli standard (Bitbus, Profibus, Modbus, Lonworks, CAN…).
Presto si è anche passati a Ethernet e al protocollo IP, come tecnologia di comunicazione ormai pervasiva, su cui si basano sia le reti locali, sia Internet. Si è sviluppata quindi, negli ultimi 15 anni, la Internet of Things (IoT: la definizione è di Kevin Ashton, del 1999), che si basava inizialmente, nei primi anni 2000, soprattutto sull’esistenza di etichette RFID-Radio Frequency IDentifier, per identificare ogni oggetto e renderlo “attivo” in rete.
Già dal 2008 le “cose” collegate a Internet erano più delle persone sulla terra (circa 6,8 miliardi), e il loro numero crescerà fino a 50 miliardi nel 2020. Le persone collegate a Internet sono oggi circa 2,5 miliardi. Ma la rivoluzione non sta solo nel numero di oggetti intelligenti in arrivo.
Oggi Cisco parla ormai di Internet of Everyting (IoE), come l’integrazione virtuosa tra persone, dati, processi e oggetti fisici, che possono interagire per dare maggiori benefici alle persone stesse, all’ambiente, al business, agli impianti, alla sicurezza, alle abitazioni, alle città, alle nazioni.
IoE deve essere supportata da una rete pervasiva, veloce e mobile (molti oggetti si collegano via radio, con tecnologie a basso consumo e breve portata, ma capaci di creare reti magliate -mesh- auto-configuranti), e da strati di middleware e software applicativo in grado di creare un’interazione istantanea e mirata tra gli elementi dell’insieme, per migliorare il mondo in cui viviamo.
Gli articoli di TIME lasciano intravvedere una diffusione della domotica molto più ampia di quella avvenuta dalla sua nascita a oggi, proprio per il suo confluire in questo fiume principale della IoE, che la integra con tecnologie ormai comuni, come quella degli onnipresenti smartphone.
Da essi sarà possibile controllare, localmente e da remoto, non solo gli oggetti intelligenti della casa, per far partire il riscaldamento, o scaldare la cena, o ricevere un qualunque allarme, ma anche programmare con opportune “App” le funzioni della casa, in modo intuitivo, per rendere il sistema adattabile e flessibile, per i diversi utenti e per le loro esigenze che variano nel tempo.
Non più “touch-screen” dedicati a parete, sistemi di programmazione su PC, specialisti da far intervenire per adattamenti e correzioni, ma una tecnologia comune, semplice e alla portata di chiunque, specialmente per le nuove generazioni di “nativi digitali”. Con un occhio comunque alla sicurezza informatica, essendo questi sistemi esposti, su Internet, a vari tipi di attacchi.
E la nonna? Ormai sa usare anche lei il telefonino, e beneficerà ancora delle applicazioni specifiche di “healthcare” per anziani e disabili: c’è spazio per tutti!
Ing. Marco Paganini
eForHum
Per maggiori informazioni:
Lo speciale “The Smarter Home” di Time Magazine