C’era una volta un mondo atavico, rurale, quasi sospeso nel tempo e indifferente a quanto avveniva nei grandi centri urbani.
E’ il mondo di Fellini in Amarcord, quello di Bertolucci in Novecento e quello raccontato da Olmi in più di un’occasione: un microcosmo contadino fatto di tempi ciclici e prestabiliti, i quali segnano il ritmo di una vita semplice, faticosa, manuale, fisica che si svolge su ritmi e prassi consolidati.
Tutto ciò oggi è pressoché sfumato: i tempi di vita e di lavoro sono diversi, si sovrappongono in continuazione e, soprattutto, l’economia globale valorizza sempre meno il lavoro e la vita nei campi, della quale non rimangono che bozzoli di memoria gelosamente conservati da chi quel tempo l’ha vissuto, da chi nei campi e nei casolari ci ha trascorso intere giornate. Non tutto è andato perduto però. Tra il mare dell’est e la pianura padana, a 10 km da Ravenna, 20 da Forlì e 5 da Russi, si nota una piccola goccia nel mare farraginoso dell’oblio: è il Museo della Vita Contadina di San Pancrazio, un piccolo e antico centro in quel di Romagna, un vero e proprio spazio adibito a raccolta di tutti quegli oggetti testimoni della fatica e del lavoro quotidiano di artigiani, contadini e braccianti. Strumenti testimoni di tradizioni popolari ancora vive nell’immaginario della gente del luogo e gentilmente concessi da chi è stato protagonista diretto di quel passato.
All’interno del museo dunque, prima ricavato da una delle sedi della scuola elementare di Russi e ora allestito in una nuovissima struttura che ha l’aspetto decadente dei vecchi maceri, non è presente nessun oggetto strabiliante uscito dalla mente di un’artista concettuale all’insegna del cosmopolitismo più global, ma solo tracce di un faticoso vivere quotidiano organizzate in specifici percorsi a tema: percorso “Grano e pane” che, come indica la stessa dicitura, rappresenta minuziosamente l’iter che il grano (materia prima) compie fino alla sua definitiva trasformazione in pane, dalla sua raccolta e lavorazione alla sua cottura e compravendita; “Latte e formaggio” che mostra la formazione del formaggio a partire dal suo ingrediente base, il latte, (sempre secondo maniera artigianale ovviamente) passando per tutti gli stadi intermedi; “Baco da seta” nel quale sono esplicate tutte le fasi del ciclo del baco da seta, quali incubazione, sviluppo, deposizione delle uova, raccolta e vendita; “Canapa e Tessitura” nel quale è invece possibile seguire minuziosamente e da vicino i processi di lavorazione della canapa dalla sua coltivazione fino alla sua tessitura e vendita; “Maiale” per osservare le varie tappe di allevamento e macellazione dell’ovino e tutti i procedimenti per ottenerne i prodotti alimentari più disparati; “Vino”, per approfondire le modalità e le tecniche di produzione di questa bevanda così antica e così distintiva del nostro paese; e infine “Granturco” che mostra le modalità di coltivazione e d’impiego del granturco, più comunemente chiamato mais.
Una mostra che consta in più di mille oggetti tutti accuratamente inventariati, fotografati e catalogati dal Comune di Russi, dalla Provincia di Ravenna e dall’Istituto per i Beni Ambientali Culturali e Naturali della Regione Emilia e Romagna in un lavoro prezioso e minuzioso atto a portare allo scoperto radici fin troppo interrate e ulteriormente arricchito dalla collezione di più di 130 fiabe romagnole, raccolte con dovizia e zelo da ricercatori locali in un’impresa quasi degna del miglior Calvino.
Da sottolineare, in proposito, l’impegno del Comune di Russi nell’investire non solo in questo progetto, ma in tanti altri ad alto voltaggio tecnologico, ovvero tutti eseguiti con il sistema PicNet come ad esempio la ristrutturazione della chiesa del Paolozzo San Giacomo e l’illuminazione del vecchio fossato e della Rocca. Ma ciò che colpisce di più di tutta questa realizzazione è qualcosa che si nasconde alla percezione più immediata: la tecnologia, quella digitale in particolare. Malgrado il carattere prettamente popolare della mostra, il Museo della Vita Contadina è infatti dotato di un sistema d’impiantistica domotica d’avanguardia che oltre ad agevolare in toto la gestione del museo ed aumentare il grado di fruibilità dell’esposizione, non ha nulla da invidiare alle installazioni presenti nei più grandi musei nazionali.
Tale impianto, studiato e progettato dall’azienda E.R. Impianti per Sinthesi, azienda leader nel settore della home and building automation, ha infatti una caratteristica che gli conferisce particolare flessibilità, duttilità ed estensibilità: è un sistema con tecnologia bus che si compone di un’unità centrale, il modulo Master, che attraverso un bus a 4 fili controlla il funzionamento di una serie di moduli periferici con una gamma completa di funzionalità: moduli di ingresso e uscita digitali e analogici, lettori di badge, termostati, comandi a infrarossi, luxmetri e modem Gsm.
In questo modo, con PicNet, è possibile centralizzare sotto un unico sistema, in questo caso Sinthesi, qualsiasi tipo di utenza, quali illuminazione, impianti tecnologici, termoregolazione, controllo accessi, automazione serramenti, sicurezza, impianti di chiamata, e anche impianti “estranei”. Grazie alle sue caratteristiche, “PicNet” ha infatti reso possibile l’inserimento al suo interno di altri due impianti, quali Tecnoalarm e Tutondo che controllano e gestiscono rispettivamente l’impianto di antintrusione e gli scenari sonori. Tutto il resto, controllo e gestione degli accessi compreso, è delegato a Sinthesi. Nonostante la loro diversità le tre tipologie d’impianti dialogano tra loro in totale sinergia grazie all’estensibilità dei moduli, appositamente studiati: il PicNet di Sinthesi ha infatti dei moduli che sono stati fatti apposta per dialogare con Tecnoalarm e Tutondo. Ecco perché i tre impianti delle tre aziende si sposano perfettamente fra loro, tutto è fatto ad hoc. Anche se Sinthesi rimane comunque il prodotto chiave, se non principale, di tutto l’impianto.
E’ infatti Sinthesi che, interagendo con Tecnoalarm e Tutondo, permette una gestione semplificata di tutto il museo. Per quel che riguarda gli accessi è possibile aprire e chiudere il museo o mediante chiamata alla centrale antifurto o attraverso l’utilizzo di un semplice badge transponder. Quest’ultimo è di fondamentale importanza in quanto detiene il “potere” di attivare e disattivare tutto il museo con una sola “passata” di badge. Ogni volta che si “passa” il badge si verificano, in successione, tutta una serie di azioni a catena, quali ad esempio l’apertura del cancello d’ingresso e della porta automatica, il disinserimento dell’allarme, l’avvio della musica e degli scenari (a seconda dell’ambiente e al volume richiesto), al momento dell’entrata. La stessa cosa, solo in senso inverso, avviene al momento dell’uscita.
Il ruolo cardine dell’integrazione tra impianti differenti, consentito, come più volte sottolineato, dai particolari moduli PicNet, si esplica al massimo nella prassi, ovvero al momento della fruizione da parte degli utenti: esso, grazie a semplificazioni di utilizzo come il badge, ad esempio, rende facile e agevole (oltre che possibile) lo svolgimento di operazioni altrimenti complesse e per questo è utilizzabile anche da chi non è un esperto o un tecnico del settore. Non è necessario essere esperti di tecnologia, è sufficiente passare il badge e tutto avverrà secondo previsioni.
Tutto ciò è possibile solo grazie alla domotica che nel Museo della Vita Contadina lavora dietro le quinte.
Niente è infatti percepibile, ma solo deducibile dalla sua efficacia. Basti pensare che in alcuni punti dei percorsi tematici sono state predisposte delle pedane a pressione, le quali azionano dei micro – vaporizzatori a parete che spruzzano l’essenza del percorso corrispondente.
Ma né la pedana, né il vaporizzatore , né la tecnologia che li lega e li regola sono visibili a occhio nudo. E’ tutto nascosto in un sottobosco invisibile agli occhi, prova inconfutabile che la domotica non è sinonimo di effetti speciali. Per ora il tutto questo è gestibile mediante badge e dai PNPAN della Sinthesi che sono delle semplici tastiere serigrafate, ma la ditta E.R. Impianti di Servidei Paolo e C., che ha provveduto all’installazione dell’intero impianto, sta valutando insieme ai volontari che si occupano della gestione del museo la possibilità di coordinare il tutto da un palmare con le interfacce grafiche e la planimetria del museo. In questo modo, anche se il palmare sarà riservato esclusivamente al personale del museo, si potrà effettuare ogni qualsivoglia azione semplicemente camminando.
E’ sorprendente osservare come l’automazione domotica s’inserisca in questa maniera in un contesto simile, inneggiante la vita rustica e libera dalla frenesia moderna che, anche e soprattutto le più recenti tecnologie, hanno concorso a incrementare. E’ sorprendente perché ci si trova dinanzi a un lavoro tanto imponente quanto impercettibile.
M. Flaminia Attanasio
Per maggiori informazioni
Visita virtuale al Museo della Vita Contadina in Romagna